Alla cancellazione dal registro delle imprese della società accusata ai sensi del d.lgs. 231/2001 non consegue l’estinzione dell’illecito

di Giorgia OSS

Con la sentenza depositata il 7 marzo 2022 (ud. 22 febbraio 2022) n. 9006, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso presentato da una società contro una decisione con la quale la Corte d’Appello di Bologna (a sua volta confermando la decisione del giudice di prime cure) l’aveva riconosciuta responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies, comma 3, d.lgs. 231/2001, in relazione al reato di cui all’art. 590 cod. pen., a causa di un infortunio avvenuto il 2 luglio 2013.

Ai fini del presente contributo, rileva il primo dei motivi che animava il ricorso per cassazione presentato dalla società, rappresentato dall’omessa declaratoria di estinzione dell’illecito in ragione della documentata cancellazione della società, in data 3 ottobre 2018, dal registro delle imprese. Secondo la ricorrente, tale cancellazione sarebbe stata da assimilare, quanto ad effetti, alla morte della persona fisica.

Interessante notare come il Procuratore Generale della S.C. avesse chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla conferma della condanna della società per estinzione dell’illecito a seguito di estinzione della società, richiamando il precedente di legittimità di Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019, Starco s.r.l., Rv. 277107, citato peraltro anche dalla difesa della società ricorrente, secondo cui: «In tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente (nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare) determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato»

La Corte di Cassazione, tuttavia, si è discostata dal precedente, che pure ha dimostrato di ben conoscere, e che si basava, a sua volta su un triplice ordine di argomenti:

1.) l’art. 35 del D.lgs n. 231 del 2001 estende all’ente le disposizioni relative all’imputato. Pertanto, nel caso in cui si verifichi l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente, correlata alla chiusura della procedura fallimentare, si verte in un caso assimilabile a quello della morte dell’imputato;

2.) il testo legislativo regolamenta sole le vicende inerenti la trasformazione dell’ente, ovvero la fusione o la scissione (art. 70 d. lgs. n. 231 del 2001), ma non la sua estinzione, che dunque non può che essere trattata applicando le regole del processo penale (art. 35 d.lgs n. 231 del 2001);

3.) si ritiene non importabile nel processo a carico dell’ente per l’accertamento della responsabilità da reato il principio espresso dalla giurisprudenza civile secondo cui la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci che, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui sono soggetti “pendente societate“, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ovvero illimitatamente.

La sentenza 9006/2022 ha ritenuto di non condividere gli argomenti appena esposti, sia per non incoraggiare, in qualche modo, la pratica delle cancellazioni “di comodo” dal registro delle imprese, sia perché non convinta dal presupposto di fondo dell’orientamento contrario, vale a dire il postulato parallelismo tra l’estinzione dell’ente e la morte della persona fisica.

Tale equivalenza viene esclusa dalla Cassazione dopo un’attenta analisi delle norme “generali” del d.lgs. 231/2001 relative alle vicende trasformative dell’ente, “per una pluralità di motivi: a) in primo luogo, perché, in linea generale, le cause estintive dei reati sono notoriamente un numerus clausus, non estensibile; b) poi, perché quando il legislatore … ha inteso far riferimento a cause estintive degli illeciti, lo ha fatto espressamente, come all’art. 8, comma 2, della legge n. 231 del 2001, allorché ha disciplinato l’amnistia, …, ed all’art. 67 della disciplina in esame, ove ha previsto la adozione di sentenza di non doversi procedere in due soli casi: quando il reato dal quale dipende l’illecito amministrativo dell’ente è prescritto; e quando la sanzione è estinta per prescrizione; c) inoltre, perché, essendo pacifico il principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa ed altro, Rv. 263682), secondo cui «In tema di responsabilità da reato degli enti, il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal d. lgs. n. 231 del 2001», non si comprende la ratio di un diverso trattamento della cancellazione della società, da cui discenderebbe l’estinzione dell’illecito amministrativo contestato all’ente, rispetto al caso di dichiarazione di fallimento, allorché è expressis verbis prevista la esclusione dell’effetto estintivo; d) ancora, perché il richiamo che il difforme orientamento interpretativo opera all’art. 35 del d.lgs. n. 231 del 2011 (Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019, Starco s.r.l., cit., p. 4 …) trascura che il rinvio operato dal legislatore alle disposizioni processuali relative all’imputato non è indiscriminato ma è solo «in quanto compatibili»”.

La conclusione della Corte è, quindi, chiara: “Occorre, dunque, ad avviso del Collegio, affermare, in consapevole contrasto con il precedente di legittimità richiamato dalla s.r.l. ricorrente, il seguente principio di diritto: «la cancellazione dal registro delle imprese della società alla quale si contesti (…) la violazione dell’art. 25-septies, comma 3, del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione al reato di cui all’art. 590 cod. pen., che si assume commesso nell’interesse ed a vantaggio dell’ente, non determina l’estinzione dell’illecito alla stessa addebitato»”.

Condividi l’articolo

Altri articoli