Whistleblowing: i nuovi adeguamenti per le aziende del settore privato introdotti dal d. lgs. 10 marzo 2023, n. 24 

 Il 30 marzo 2023 entra in vigore il d. lgs. 24/2023, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”. 

Numerosi e non privi di complessità sono gli aspetti della disciplina del whistleblowing affrontati nel neo-promulgato Decreto e, conseguentemente, gli obblighi posti a carico di enti pubblici e privati. 

Focalizzando l’attenzione sui «soggetti del settore privato», è opportuno segnalare che l’art. 2, c. 1, let. q) definisce tali i soggetti, diversi da quelli rientranti nella definizione di soggetti del settore pubblico, i quali alternativamente: 

i) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato; 

ii) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui all’Allegato al Decreto (in particolar parti I.B e II), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui alla let. i)

iii) sono diversi dai soggetti di cui alla let. ii) e rientrano nell’ambito di applicazione del d. lgs. 231/2001 e adottano i modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui alla let. i)

 Si tratta, a ben vedere, di tutti i soggetti collettivi di diritto privato con livelli occupazionali pari o superiori alle cinquanta unità. Qualora si tratti di enti sottoposti alla disciplina in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari nonché in materia di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ovvero di enti rientranti nell’orbita applicativa del d. lgs. 231/2001, tale soglia viene meno e la disciplina troverà applicazione anche in presenza di un numero di lavoratori inferiore alle cinquanta unità. 

Ad ampliarsi è, inoltre, lo spettro delle violazioni cui la segnalazione potrà riferirsi. L’art. 2, c. 1, let. a) vi riconduce tutti quei comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono, in generale, in:

i) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali; 

ii) condotte illecite rilevanti ai sensi del d. lgs. 231/2001 o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti. 

Rientrano nel catalogo anche gli illeciti rientranti nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nell’Allegato al Decreto ovvero degli atti nazionali che ne costituiscono attuazione, seppure non indicati nel medesimo, relativi ai settori degli appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. 

A questi si aggiungono atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’art. 325 TUE e atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’art. 26, par. 2 TUE, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché di quelle in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o le finalità della normativa applicabile in materia di imposte sulle società. Infine, atti o comportamenti che più in generale vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione nei settori sopra indicati. 

 La normativa estende anche l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina in materia di whistleblowing, poiché, oltre alle segnalzioni dei lavoratori subordinati, potranno assumere rilevanza quelle provenienti da: 

i) lavoratori autonomi e titolari di un rapporto di collaborazione di cui all’art. 409 c.p.c. e art. 2 d. lgs. 81/2015, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore privato; 

ii) lavoratori o collaboratori, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore privato che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi; 

iii) liberi professionisti e consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore privato; 

iv) volontari e tirocinanti, retribuiti e non, che prestano la propria attività presso soggetti del settore privato; 

v) infine, gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto. 

Novità, rispetto alle previgenti disposizioni in materia di cui alla l. 179/2017, si registrano sul piano della definizione dei canali di segnalazione interna ed esterna, sulla loro gestione, sulla conservazione della documentazione inerente e sulle condizioni per l’effettuazione di segnalazioni esterne e divulgazioni pubbliche, nonché in materia di condizioni per la protezione della persona segnalante e di divieto di ritorsione. 

Particolarmente impattante, del nuovo impianto normativo in materia di whistleblowing, è il ruolo attribuito all’ANAC, cui spetta il compito di attivare e gestire il canale di segnalazione esterna, svolgendo attività informative, dando seguito alle segnalazioni ricevute, mantenendo le interlocuzioni con la persona segnalante, curando l’invio delle segnalazioni aventi a oggetto informazioni sulle violazioni che non rientrano nella propria competenza all’autorità amministrativa o giudiziaria e offrendo protezione dalle ritorsioni. Nuovi sono altresì i poteri sanzionatori previsti dall’art. 21 del Decreto in capo a tale Autorità. 

Ai sensi della disposizione citata, infatti, l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: 

a) da 10.000 a 50.000 euro, quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’art. 12; 

b) da 10.000 a 50.000 euro, quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli 4 e 5 del Decreto, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute; 

c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui alla persona segnalante o denunciante sia stata irrogata una sanzione disciplinare, salvo che essa sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati per i quali è stata presentata segnalazione o denuncia. 

L’art. 21 dispone, infine, che gli enti soggetti alla disciplina di cui al d. lgs. 231/2001 sono tenuti a prevedere nel sistema disciplinare, adottato ai sensi dell’art. 6, c. 2, let. e), sanzioni nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti di cui al periodo precedente, lett. a), b) e c). 

Per un approfondimento della tematica, sia consentito rinviare ai seguenti contributi: 

– G. Amato, voce Obbligo di segnalazione (c.d. Whistleblowing), in Diritto on line – Approfondimenti enciclopedici dell’Istituto Treccani, Roma, 2017. 

– G. Amato, Whistleblowing and bribery prevention in Italy. A survey on the relevant criminal law issues of failure to report, in Revista de Estudos Criminais, 2016, Porto Alegre, Brasil. 

– G. Amato, Profili penalistici del Whistleblowing. Una lettura comparatistica dei possibili strumenti di prevenzione della corruzione, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 2014, 3-4, 549-606. 

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