Privacy: grava sempre sul titolare l’obbligo di valutare la liceità del trattamento

di Irene Schiefer

Con l’ordinanza ingiunzione n. 289 del 10 giugno 2021 il Garante per la protezione dei dati personali ha ricordato che, seppur la finalità sottesa al trattamento deve ritenersi legittima, il trattamento deve sempre essere valutato nel suo complesso, sulla base delle circostanze concrete ed alla luce dei principi che regolano la materia di protezione dei dati personali, in particolare quello di “liceità” e di “non eccedenza”.

Nel caso in esame, il Garante ha sanzionato il Ministero dell’interno a seguito della diffusione di filmati da parte della Polizia di Stato inerenti le violenze subite da un uomo da parte di un gruppo di giovani.

Anche se la diffusione di tali video da parte della polizia è stata preventivamente autorizzata dalla Procura per esigenze legate alla prevenzione e deterrenza di analoghi episodi delittuosi, a parere del Garante la divulgazione di questi filmati risulta illecita, in quanto trattamento eccedente e non necessario per l’esecuzione di uno dei compiti previsti dal d.lgs. n. 51/2018.

Conferma il Garante che la divulgazione dei video in esame è riconducibile alle finalità di polizia, correlate con i compiti istituzionali svolti dalla Polizia di Stato, con particolare riferimento alla “prevenzione dei reati”. In particolare, tali video sono stati diffusi dal Ministero, al fine di “suscitare indignazione, attenzione e quella giusta reazione volta a rompere qualsiasi futura ipotetica situazione di silenzio, affinché si realizzino le condizioni per favorire una corretta, puntuale e tempestiva veicolazione delle informazioni a tutti gli organismi ed enti deputati a intervenire”.

Invece, ai fini della valutazione della liceità del trattamento in esame, non rileva la circostanza che la Procura della Repubblica abbia autorizzato il Ministero alla divulgazione agli organi di stampa dei video in questione, potendo tale autorizzazione rilevare solo al fine di escludere che la divulgazione di tali immagini potesse avvenire in violazione di legge o incidere negativamente sui procedimenti penali in corso (cfr. artt. 114 e 329 c.p.p.).

Quindi, l’autorizzazione delle Autorità Giudiziarie procedenti non esonera(va) comunque il Ministero (quale titolare del trattamento) da un’accurata valutazione sulla sua conformità ai principi in materia di protezione dei dati personali.

In particolare, la disciplina in materia di protezione dei dati personali, che regola il trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti “a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali” (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 51/2018), sancisce che i dati personali sono: trattati in modo lecito e corretto; raccolti per finalità determinate, espresse  e  legittime  e trattati in modo compatibile con tali finalità; adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto  alle  finalità per le quali sono trattati (art. 3, comma 1, lett. a), b) e c) del d.lgs. n. 51/2018).

Il trattamento è lecito “se è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente per le   finalità   di   cui al suddetto articolo 1, comma 2, e si basa sul diritto dell’Unione europea o su disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento che individuano i dati personali e le finalità del trattamento” (art. 5, comma 1, d.lgs. n. 51/2018).

Più in particolare, la diffusione che riguarda immagini personali è consentita quando la persona interessata ha espresso il proprio consenso o è necessaria per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica o è giustificata da necessità di giustizia o di polizia; essa è comunque effettuata con modalità tali da non recare pregiudizio alla dignità della persona (art. 14, comma 2, del D.P.R. n. 15/2018).

Con riguardo agli obblighi in capo al titolare, responsabile del rispetto dei principi di cui all’art. 3, co. 1, d.lgs. n. 51/2018, lo stesso, tenuto conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, nonché dei rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche, “mette in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire che il trattamento sia effettuato in conformità alle norme del presente decreto”; misure che “sono riesaminate e aggiornate qualora necessario e, ove proporzionato rispetto all’attività di trattamento, includono l’attuazione di politiche adeguate in materia di protezione dei dati da parte del titolare del trattamento” (art. 15 del d.lgs. n. 51/2018).

Tornando al caso in esame, nel contesto delle diverse notizie riportate sulla vicenda giudiziaria e sulla vittima, i video in questione documentano, anche se in alcuni casi con alcuni accorgimenti che filtrano in parte le immagini video e le parti audio, le atroci sevizie subite dalla vittima, la quale risulta facilmente identificabile nel contesto ambientale in cui si svolgono i drammatici accadimenti.

Nella valutazione del trattamento, va anche tenuto conto della particolare natura dei dati: i video in questione sono relativi a categorie particolari di dati, in quanto riguardanti un soggetto sui cui era circolata la notizia che fosse affetto da disturbi psichici e che le sevizie subite avevano causato uno stato di degrado psico-fisico dello stesso, il cui trattamento può avvenire solo se strettamente necessario ed assistito da garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell’interessato (circostanze che non ricorrono nel caso di specie).

Più in generale, la diffusione dei dati deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Il trattamento in questione nel suo complessivo viola anche la Convezione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto concernente la diffusione di dati personali di una persona coinvolta in una vicenda giudiziaria e non avvenuto nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 8 CEDU, il quale stabilisce le condizioni che possono giustificare l’ingerenza da parte dell’autorità pubblica nell’esercizio del diritto alla vita privata.

In conclusione, a parere del Garante, i video in esame sono stati diffusi dal Ministero in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali, in quanto trattamento non “necessario” per la finalità di prevenzione dei reati e gravemente lesivo della dignità della persona interessata per l’atrocità degli atti documentati e lo stato di assoluta soggezione della vittima.

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