Paziente dimesso e sua morte: quando è responsabile il medico?

di Gabriella Cesari

Per la Cassazione civile il sanitario non deve limitarsi a suggerire ulteriori accertamenti diagnostici ma deve disporli egli stesso. Di fronte ad una sintomatologia compatibile con più patologie, il sanitario non deve limitarsi a suggerire al paziente ulteriori accertamenti diagnostici ma deve disporli egli stesso, a pena di responsabilità in caso di dimissioni e conseguente morte del paziente.

Questo è quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza 7 luglio 2021, n. 19372.

Con la sentenza in commento la Cassazione torna a pronunciarsi in tema di responsabilità medica, ribadendo il principio, già affermato in precedenza (Cass. civ. 15 maggio 2012 n. 7529) secondo cui il medico di guardia medica va esente da responsabilità per la morte del paziente, visitato e dimesso, solo se non vi è prova di un suo inadempimento – sotto forma di condotta omissiva, di diagnosi errata o di una cautela necessaria e non adottata – e quindi quando l’evento dannoso non è causalmente collegabile alla sua condotta.

La pronuncia dà anche modo ai giudici di ribadire la natura del danno non patrimoniale da perdita di un congiunto, danno non in re ipsa e dunque riconoscibile e liquidabile solo se provato da chi ne fa richiesta.

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