Nessun risarcimento per l’uomo che rimane folgorato a seguito del contatto con dei fili elettrici scoperti di una centralina adagiata sul suolo stradale

Con la pronuncia n. 27926/2023, depositata in data 4.10.2023, la Corte Suprema di Cassazione è tornata ad occuparsi della condotta del danneggiato da una cosa in custodia (altrui), ribadendo come il comportamento del danneggiato (in ossequio al dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione) possa essere valutato di per sé solo idoneo a determinare, attraverso l’attivazione di una serie causale autonoma, la produzione dei danni denunciati, qualora connotato da un’imprudenza imprevedibile e abnorme.

Nel caso posto all’attenzione della Suprema Corte, un uomo aveva agito contro Enel Distribuzione s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di un contatto con una centralina elettrica (c.d. armadio stradale) adagiata al suolo con i fili elettrici scoperti, in conseguenza del quale era rimasto folgorato provocandosi gravissimi danni alla persona. Costui aveva tentato di giustificare tale contatto, asserendo che “si sarebbe accostato alla centralina elettrica dedotta in giudizio al solo fine di evitare che dei bambini si tagliassero con i fili di metallo che fuoriuscivano da detta centralina, senza alcuna consapevolezza circa il pericolo legato alla conduzione dell’elettricità”.

Tuttavia, la Corte di legittimità ha osservato “come la circostanza di fatto dedotta dall’odierno ricorrente – secondo cui quest’ultimo, nel compiere l’azione dedotta in giudizio, intendesse proteggere i bambini che giocavano nei dintorni della centralina dal rischio di tagliarsi con i fili di rame scoperti che fuoriuscivano da detta centralina – non vale ad escludere che un eventuale contatto del ricorrente con i fili elettrici avrebbe potuto prevedibilmente determinare un grave danno connesso all’azione dell’elettricità: nulla, infatti, giustificava, al cospetto di una centralina elettrica ragionevolmente riconoscibile (anche in ragione dei fili elettrici che ne fuoriuscivano), anche solo un ragionevole affidamento che la corrente elettrica non fosse presente in loco”.

Pertanto, la Suprema Corte ha concluso nel senso che “i danni alla persona subiti dall’attore, in occasione della vicenda dedotta in giudizio, dovessero integralmente ricondursi alla condotta del tutto abnorme ed anomala dello stesso danneggiato, il quale si era volontariamente (e inopinatamente) posto in contatto con i fili elettrici scoperti senza alcuna effettiva e concreta necessità e nonostante la piena consapevolezza del pericolo”.

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