di Paolo Corti
La Corte di cassazione (Cassazione Penale, Sez. 3, 15 ottobre 2021, n. 37564) interviene delimitando la responsabilità del datore di lavoro in materia di vigilanza sui lavoratori, evitando la duplicazione di responsabilità tra datore di lavoro e preposto.
Nel caso esaminato, al momento del sopralluogo, alcuni lavoratori – pur muniti di imbracatura – operavano in quota senza vincolarsi ad alcun ancoraggio, così esponendosi al pericolo di cadute; il montante su cui era stato applicato l’argano per l’elevazione del materiale era esterno e privo di raddoppio; le violazioni alla disciplina, pertanto, erano evidenti; infine, sul cantiere era presente un preposto, che – regolarmente nominato – coordinava le operazioni da terra.
Il Giudice del merito aveva condannato sia il datore di lavoro che il preposto, ritenuti colpevoli in concorso delle contravvenzioni di cui agli artt. 18, comma 1, lett. f), in relazione all’art. 55, e 122, comma 1, in relazione all’art. 159, d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Su ricorso del datore di lavoro, che lamentava di essere stato condannato esclusivamente in forza della carica ricoperta e senza un accertamento di specifiche responsabilità, la Suprema Corte annulla la sentenza di condanna.
Secondo la Corte il datore di lavoro è stato condannato per non aver richiesto l’osservanza, da parte dei lavoratori, delle norme vigenti in materia di sicurezza, ma ciò senza alcun accenno alla figura ed al ruolo del preposto, alla cui nomina lo stesso aveva provveduto (preposto, infatti, presente sul cantiere) e sul quale gravavano i medesimi obblighi, ai sensi dell’art. 19, lett. a), d. lgs. n. 81 del 2008. Questo accertamento, per contro, risulta determinante, anche con riguardo al profilo psicologico del reato, specie alla luce del corretto adempimento – da parte dello stesso datore di lavoro – delle prescrizioni in materia di dispositivi di sicurezza individuali (forniti a tutti i lavoratori) e di predisposizione di piani di sicurezza. In assenza, peraltro, di riscontri quanto alla consapevolezza – in capo al datore di lavoro- delle prassi lavorative, palesemente contrarie agli obblighi di legge, che il coimputato preposto aveva avallato.
In definitiva, una volta nominato il preposto, spetta esclusivamente al medesimo richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei dispositivi di protezione individuali e collettivi. Ciò, ovviamente soltanto, qualora il datore di lavoro non sia consapevole delle prassi lavorative in violazione della normativa di sicurezza (viceversa la responsabilità del datore di lavoro non potrebbe negarsi per avere omesso di intervenire per ripristinare prassi conformi alla normativa).
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